Facciamo finta che sia solo un gioco by Elena Armas

Facciamo finta che sia solo un gioco by Elena Armas

autore:Elena Armas [Elena Armas]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-09-14T22:00:00+00:00


Capitolo venti

Cameron

Le bambine si avviarono dal campo di Rockstone verso la loro panchina. Erano accaldate, e code, codini, chignon e compagnia bella erano sparati in tutte le direzioni.

Le osservai in silenzio, una per una, trascinare i piedi e lasciarsi cadere a terra intorno a me e Adalyn.

«Che schifo», borbottò Juniper. Era seduta sull’erba con le gambe distese in avanti e sfogava tutta la sua frustrazione. «Facciamo schifo. Schifo come il sedere delle scimmie. Facciamo così schifo che forse siamo pure peggio del sedere delle scimmie».

Una serie di testoline annuì concorde, tanto che dovetti battere le mani per attirare la loro attenzione ed evitare che la conversazione si impantanasse altrove. «Non fate schifo», affermai in tono deciso. «Avete giocato una buona partita. Vi siete battute, e tanto. Avete dato tutte voi stesse sul campo».

«Ma abbiamo perso», ribatté Chelsey tirandosi con rabbia ciò che restava della treccia. Il suo tutù – che ormai consideravo una battaglia persa – pendeva da una parte. «Non abbiamo neanche segnato. Abbiamo fatto un solo goal in due partite e neanche conta!».

Decisi di soprassedere e non commentare quell’unica rete messa a segno… nella propria porta. «Non avete perso. Zero a zero non è una sconfitta».

Chelsea alzò le braccia e appoggiò le mani alla fronte. «È un disastro proprio come se avessimo perso, mister Cam», sospirò.

«Siamo delle perdenti», mormorò Juniper.

«E ci siamo allenate così tanto questa settimana», aggiunse, incoraggiata dalla compagna. «Non ho mai saltato gli allenamenti di calcio, neanche una volta. Neanche per andare a danza. Sono seeeeecoli che non vado a danza. Ho detto a mamma che potevo fare tutte e due le cose, ma mi sa che invece non ci riesco. Forse aveva ragione papà. Forse devo sceglierne una sola e concentrarmi su quella».

«Io non sono mai neanche stata un po’ con Brandy», borbottò Maria dal suo posto. «O con Tilly. O Carmen. E Sebastian ancora non si trova».

Un cupo mormorio aumentò in rapidità e volume. Ogni bambina cominciò a elencare la propria iperdrammatica versione dei sacrifici sostenuti per la partita.

Mi portai le dita alle labbra e fischiai.

Ammutolirono di colpo.

«Quindi vi sentite sconfitte», esordii facendo un passo avanti. «Vi siete impegnate al massimo per un’intera settimana, stamattina siete venute qui, avete tentato il tutto per tutto e siete state battute». Ora mi stavano guardando tutte, con gli occhi spalancati e un’emozione che vi brillava dentro che, se fossi stato più furbo, mi avrebbe fatto tacere. Invece mi infastidiva vederle tanto abbattute. «Bene, vi do una notizia bomba, ragazze: la vita non è una passeggiata nel parco. La vita è dura. A volte si vince e più spesso si perde. Qui però stiamo parlando del risultato di un’unica partita. Si cade, ci si rialza e si insegue la… coppa della Little League».

Sentii Adalyn avvicinarsi. «Non c’è nessuna coppa», mi sussurrò all’orecchio. «Il premio è una giornata al Jungle Rapids Family Fun Park».

«Io adoro il Jungle Rapids», borbottò Juniper.

«Allora cadi, ti rialzi e insegui… la gita al Jungle Rapids», proseguii. «Inciampare non fa che rendervi più forti. Sono i momenti come questi a temprarvi.



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